Tu non mi conosci. Sai solo quello che ti ha raccontato Daniel, e Daniel certe cose non le sa, perché sto attenta a non fargliele sapere. C’è qualcosa che non va, in me — mi si incrinò la voce. Un singhiozzo mi chiuse la gola. Voleva a tutti i costi uscire. Accidenti.— Hai passato momenti… Persi il controllo. — Tu non lo sai cos’ho passato — dissi, mentre due lacrime roventi mi rigavano le guance. — E neanche Daniel. Se lo sapesse, andrebbe a dirlo di corsa a mia madre, e senza avere il tempo di accorgermene mi troverei rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Quindi per favore, per favore, non contraddirmi quando ti dico che in me c’è davvero qualcosa che non va. — Le parole mi uscirono di bocca come un fiume in piena e, una volta dette a voce alta, capii quanto fossero vere. Potevo prendere le medicine, andare in terapia, qualunque cosa. Ma ne sapevo abbastanza sulla mia malattia mentale per capire che non si poteva guarire, ma solo tenere sotto controllo. E l’ineluttabilità di una simile constatazione all’improvviso mi fu insopportabile. — Niente e nessuno può guarirmi — dissi a bassa voce.