Lei, vent’anni, figlia di un umile parroco di campagna si reca a Londra dopo aver risposto a un annuncio.
Lui, l’inserzionista, è un gentiluomo, scapolo, bello come solo i personaggi dei romanzi possono essere. Ardito, cortese e affascinante. La giovane rimane così colpita dall’uomo che accetta di occuparsi dell’educazione dei due nipotini a patto di non disturbarlo. Mai e per nessuna ragione.
Al suo arrivo a Bly incontra Flora, bella e pura come un angelo, educata e intelligente.
Il fratello, più grande di Flora, arriverà a breve dal collegio. Il suo rientro è anticipato da una lettera proveniente dall’istituto che ne annuncia l’espulsione. Il signorino “può esser di danno ai suoi compagni”. La notizia è terribile. Il fanciullo non ha ancora dieci anni. Miles è un bambino bellissimo, dai modi garbati, intelligente, attento e premuroso. Possibile che possa essere cattivo?
La mente dell’istitutrice corre a “lui”. Vorrebbe che sapesse che sta rispettando la sua richiesta. Chissà se la pensa. È la riflessione costante che l’accompagna durante le sue passeggiate solitarie, finché egli compare lassù, proprio sulla cima della torre; ma non è lui, si tratta di uno sconosciuto. Ne parla alla signora Grose, la vecchia domestica. La descrizione corrisponde a Peter Quint, cameriere personale del padrone. O meglio, al suo fantasma. A sconvolgere ulteriormente la giovane donna è la notizia che Quint si prendeva “troppe libertà con tutti”. Anche con Miles? La sua morte è avvolta dal mistero, la sua vita segnata da “strane traversie e pericoli, eccessi segreti, vizi non soltanto sospettati”. Poi compare “lei”, la donna in nero, inquietante, orrenda nella sua apparizione. E bella. Si tratta della signorina Jessel, l’istitutrice che l’ha preceduta. Anche lei è morta. Erano amanti il signor Quint e la signorina Jessel. Lei era una signora, lui terribilmente al di sotto. Infami. E i bambini erano spesso con loro. Devono sapere. Certamente sanno. E sicuramente li “vedono”.
L’attenzione e la protezione si fanno serrate. Flora e Miles vanno difesi. La loro purezza, salvata. Davvero sono così innocenti? L’istitutrice cerca di strappare la verità ai due piccoli. Le domande non hanno risposte, o ne hanno a metà.
Il detto genera sospetto; il non detto, ambiguità. L’ambiguità stimola pensieri corrotti. I pensieri corrotti creano tensione. La tensione provoca paura. Paura che ha radici nel torbido dell’anima. Rimestare nel torbido è pericoloso, spaventa e genera fantasmi. Che cosa si nasconde nell’anima della giovane istitutrice? Quali fantasmi? Desideri sottaciuti e inappagati? L’inquietudine del desiderio può rendere così morbosi da distorcere la realtà, da rendere impuro il puro, sudicio il pulito?
Quint e Jessel.
Il padrone e l’istitutrice.
Il limite delle differenze che i canoni impediscono di oltrepassare può portare a estreme conseguenze. Fino a guastare la mente. Fino a intorbidare la vita.
Chiuso un cerchio, si prepara un nuovo e terrifico giro. La brama di possesso domina e ottenebra lo spirito.
Il sipario si leva, il sipario cala. La rappresentazione teatrale si ripete nell’assoluta oscurità.