“Sono qui perché ti amo!” urlò Aric, prima di mordersi la lingua. Dei, non era qualcosa che voleva dire a voce alta.
Gray si era immobilizzato. “C-co-cosa?”
“Niente.”
Gray coprì i pochi passi di distanza che li separavano e gli piantò un lungo dito nelle costole. “Non era n-niente.”
Se fosse stato Aric a essere afflitto da balbuzie, questa condizione lo avrebbe già salvato molte volte. Invece, soffriva del problema opposto: una lingua molto più veloce del cervello. “Fai finta che non abbia detto nulla,” implorò.
“Fare cosa?” chiese Gray. Si avvicinò ancora di più, facendo in modo che il suo petto arrivasse quasi a toccare quello di Aric. Se quest’ultimo fosse stato un po’ più basso, si sarebbero trovati naso contro naso. Ma Gray aveva la testa inclinata all’indietro, e anche se non aveva occhi, sembrava che stesse guardando Aric, che stesse guardando proprio dentro di lui.
“Per favore, non farlo,” sussurrò Aric.
“Non devo fare cosa?” Gray tese una mano e la pose sulla guancia di Aric. “N-non devo dirti che il m-mio cuore batte per te? Non devo dirti che la mia a… anima canta per te? Non devo dirti che sei la mia speranza, la mia v-vita, il centro del mio fottuto universo?”
Aric cercò di trovare una risposta adatta, ma la sua lingua traditrice si rifiutava adesso di collaborare.
“Ti amo, idiota,” disse Gray
“Ma… io sono…”
“Non azzardarti a dire c-che sei stupido o che n-non vali niente. Non osare! S-sei un gigante perché un corpo normale sarebbe troppo piccolo per quello che sei.
“Sono il tuo carceriere!”
“N-nessuno può togliere queste catene. Ma hai li… liberato il mio cuore”